Laura Carrer
Esperta FOIA per Transparency International ItaliaSi occupa delle attività di ricerca e analisi sul FOIA (Freedom of Information Act) e gestisce il servizio FOIA4Journalist di supporto ai giornalisti nell’invio di richieste di accesso agli atti della Pubblica Amministrazione. Segue anche le attività del servizio di assistenza gratuito per whistleblower di Transparency Italia, ALAC. Collabora inoltre con il Centro Hermes per la Trasparenza e i Diritti Umani Digitali dove si occupa di ricerca sulle tecnologie per il whistleblowing e di diffusione dello strumento in ambito privato.
Nonostante nel decreto Cura Italia si parlasse di eccezioni legate alla delicata situazione sanitaria, i FOIA inoltrati per richiedere dati sanitari, numeri dei contagi o quantità di tamponi effettuati, non furono presi in considerazione. Un diritto fondamentale delegittimato a mero procedimento amministrativo non essenziale proprio quando più ce n’era bisogno, ovvero durante un’emergenza sanitaria che cittadini e giornalisti avevano il diritto di monitorare per farvi fronte e fornire informazione di qualità.
Passato maggio, la situazione è tornata alla normalità: i FOIA possono essere inviati da chiunque e per richiedere (quasi) qualsiasi cosa, ma questo ritorno non ha portato a decisi miglioramenti. In un’inchiesta di Wired pubblicata alla fine di dicembre si parla del numero di studenti e lavoratori che risultano contagiati all’interno delle scuole italiane (su base comunale): informazioni che sono state fornite dal MIUR alla testata giornalistica proprio attraverso una richiesta di accesso alle informazioni. Il risultato, oltre ad essere altrimenti di difficile ottenimento, è duplice: da una parte sappiamo il numero di casi nella popolazione scolastica (sia studenti che lavoratori). Grazie a questi numeri Wired ha potuto costruire una mappa che mostra l’incidenza del contagio da covid-19 nelle scuole, su base provinciale. Certamente un grande servizio di informazione viste le mancanze e i vuoti di dati sanitari che il governo si ostina a non riempire. Ma la storia non finisce qui: la ministra Azzolina, a capo del dicastero dell’istruzione, dopo alcuni giorni ha definito l’inchiesta come “una grande cantonata”. Un comportamento ci dà molto da pensare: i dati non erano pubblici e liberamente scaricabili in formato aperto, interoperabile e disaggregato. Per questo motivo si può ricorrere al FOIA, chiedendo che questi dati siano forniti al richiedente così come a chiunque altro (una volta forniti via FOIA, i dati dovrebbero infatti diventare aperti a tutti poiché pubblicati dalla PA in questione).
In questo caso, avuta la risposta soddisfacente da parte del ministero, il giornalista ha ricostruito una fotografia della situazione dei contagi al 30 ottobre utilizzando dati e informazioni di prima mano e ufficiali: non esistevano fonti migliori per dare un’informazione corretta, aggiornata e di qualità. Un ottimo esempio di lavoro di inchiesta con il FOIA.
Con il progetto FOIA4journalists recentemente abbiamo collaborato anche con la testata IrpiMedia, per capire se le regioni avessero comprato mascherine chirurgiche prodotte da aziende cinesi che sfruttano minoranze musulmane (uiguri): il lavoro con il giornalista che abbiamo seguito è stato difficile e la trasparenza in questo senso è stata, se non del tutto, in buona parte negata.
Ma il nostro lavoro non si ferma qui: oltre a ciò, con la campagna Abbraccia la Trasparenza vogliamo monitorare i soldi che arriveranno in Italia grazie al Recovery Fund e lo faremo anche richiedendo dati, informazioni e documenti ufficiali per essere cani da guardia delle amministrazioni pubbliche. Il tuo sostegno è prezioso per rendere più tutelato e utilizzato un diritto fondamentale come l’accesso alle informazioni.
Sul fronte europeo, ai primi di dicembre fa capolino una (possibilmente) buona notizia per il futuro dell’accesso alle informazioni a livello europeo: la Convenzione di Tromsø è punto di partenza vincolante, per i Paesi che vi aderiscono, che riconosce un diritto generale di accesso ai documenti ufficiali detenuti dalle Autorità pubbliche. L’Italia non è fra i Paesi che hanno firmato la convenzione: Bosnia-Erzegovina, Estonia, Finlandia, Lituania, Montenegro, Norvegia, Repubblica di Moldova, Svezia, Ucraina e Ungheria. Alcuni hanno una legislazione sul diritto di accesso alle informazioni da centinaia di anni, altri come la Bosnia lo riconoscono a livello nazionale dal 2000. Dell’Italia nemmeno l’ombra.
La volontà alla base di questa convenzione è quella di tracciare alcune linee generali sul tema dell’accesso ai documenti ufficiali e consentire alle legislazioni nazionali di prendere ispirazione. Speriamo vivamente che possa essere il primo passo verso una Direttiva Europea sul FOIA così come successo per il whistleblowing.