Aiste Galinyte
Ricercatrice di Transparency International ItaliaDal 2018 ad oggi (2020) oltre 50,5 milioni di euro sono arrivati nelle casse della politica italiana tramite donazioni private: si è trattato di oltre 14 mila donazioni singole in totale. Nel 2019 la politica ha ricevuto circa 27 milioni di euro, ben 3,5 milioni in più rispetto al 2018, quando i milioni di euro ricevuti furono 23,5.
Un aspetto da sottolineare è che i soggetti come associazioni, fondazioni e comitati connessi alla politica dichiarano i finanziamenti ricevuti solo dal 2019. E proprio questi soggetti dichiarano un importo importante: parliamo di circa 10 milioni, quasi un quinto del totale. Escludendo le associazioni/fondazioni/comitati dal computo dei i destinatari, nel 2019 la politica ha ricevuto circa 17milioni di euro, ma per le ragioni di cui sopra non è chiaro se possiamo parlare di una diminuzione del finanziamento. Per il 2020 e per gli anni successivi la situazione rimane in evoluzione: premettendo infatti che, nel 2019 con la legge 3/2019, è stato ampliato lo spettro dei soggetti con obbligo di dichiarazione dei finanziamenti ricevuti, rimane ancora da chiarire quanti siano effettivamente questi soggetti e quanto dichiareranno in futuro.
I partiti al potere riescono a raccogliere le somme più alte, direttamente o tramite associazioni collegate. Nel periodo 2018 - 2019, la Lega è il partito che ha ricevuto più contributi, con 13.776.479,36 euro, 27,25% - quasi un terzo di tutte le donazioni. Seguono il Partito Democratico (9.605.054,14 euro) e il Movimento 5 Stelle (8.946.555,56 euro). I finanziamenti che sono stati indirizzati ai primi tre partiti sono il 63,94% sul totale. La maggior parte delle donazioni alla politica proviene dai parlamentari (68,74%). Il peso delle donazioni provenienti dai parlamentari aumenta se analizziamo quelle ricevute dalle associazioni (87,73%). Questo potrebbe significare che la sostenibilità del sistema del finanziamento dei partiti si basa principalmente sui parlamentari già eletti in parlamento e indica che bisogna sempre vigilare sulla pluralità del sistema politico.
Un passo inevitabile verso la maggiore trasparenza e la possibilità di monitoraggio dalla parte dei cittadini e della società civile sarebbe la pubblicazione dei dati in formato open data, - formato aperto, machine readable e riutilizzabile, comparabile, in un formato standardizzato al fine di permettere il tracciamento. Nel 2015, l’Italia tra l’altro, insieme agli altri paesi di G20, si è impegnata ad attuare proprio questi principi sull’uso degli open data (G20 Anti Corruption Open Data Principles). Dopo 5 anni, possiamo pertanto esigere che questi impegni non rimangano solo sulla carta, ma che si trasformino in fatti concreti.
La pubblicazione dei dati in un unico portale dedicato, per tutti i soggetti, renderebbe il monitoraggio più fruibile non solo per i cittadini, ma anche per le autorità che si occupano del controllo dei dati stessi. Inoltre, l’analisi dei dati potrebbe essere agevolata con un formato standardizzato, che permette la maggiore identificazione dei donatori. Analizzando i documenti in formato pdf, che ci mostrano il nome e cognome del donatore, talvolta ci troviamo davanti delle generalità che non corrispondono al nome e cognome presenti nella lista ufficiale. Una standardizzazione dei file ci permetterebbe quindi di ovviare questo problema.
Oltre al finanziamento alla politica, la piattaforma soldiepolitica.it monitora anche gli interessi privati dei parlamentari e dei membri del governo, come le partecipazioni nelle società e le posizioni apicali nelle stesse. I parlamentari o i membri del governo che hanno interessi nel settore privato sono 135, su un totale di 240 aziende. Un numero importante che ci indica che il tema merita un monitoraggio, e un controllo, al fine di evitare possibili conflitti di interessi. Le dichiarazioni con gli interessi privati dei parlamentari oggigiorno sono consultabili pubblicamente nelle pagine individuali dei parlamentari sul sito del Parlamento, ma sono dei PDF scannerizzati, dei documenti scritti a mano, a volte anche difficilmente leggibili. Questo in qualche modo vanifica la trasparenza che cerchiamo, impossibilitando la fruibilità e la rielaborazione delle informazioni fornite.
Si possono certamente attuare delle azioni migliorative anche in questo caso. In che modo? Digitalizzando maggiormente il reporting dei dati e sfruttando al meglio i mezzi tecnologici alla nostra disposizione. La domanda però è questa: ci sarà la volontà politica per farlo?