Domenica 20 e lunedì 21 settembre si terrà il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari: se prevarrà il fronte del “SÌ” il numero di deputati e senatori passerà dagli attuali 945 a 600.
Il dibattito pubblico sul referendum verte su due questioni: il risparmio economico e la rappresentatività degli elettori in caso di vittoria del “SÌ”.
C’è però un terzo tema che andrebbe preso in considerazione con grande attenzione: il contraccolpo economico sulle casse dei partiti politici. E già, perché se andiamo a vedere le informazioni relative ai finanziamenti alla politica scopriamo che questo referendum potrebbe cambiare notevolmente lo scenario. Grazie al portale Soldi e Politica, che raccoglie e rende disponibili tutte queste informazioni abbiamo quindi provato a fare due conti.
Il taglio dei seggi in Parlamento potrebbe avere un notevole impatto sulle casse dei partiti, andando a ridurre il volume delle donazioni di alcuni di essi anche oltre il 30%.
Una delle principali fonti di entrata dei partiti politici sono infatti le cosiddette “rimesse dei parlamentari”, ovvero la quota di stipendio che deputati e senatori riversano al proprio partito o ai soggetti politici di riferimento (nel caso del M5S ad esempio, il Comitato per le rendicontazioni e i rimborsi).
Nel 2019, i partiti hanno infatti incassato oltre 27 milioni di euro di donazioni, sia direttamente che tramite associazioni, comitati o fondazioni strettamente collegati ad essi. Il 73% di questa somma è arrivata dai parlamentari, ovvero ben 19,7 milioni di euro.
Tutti i maggiori partiti subiranno quindi un importante contraccolpo economico in caso di vittoria del “SÌ”. Ciò non significa necessariamente qualcosa di negativo, ma apre nuovi scenari a cui sarebbe meglio pensare in anticipo.
Innanzitutto, con il passaggio – completato nel 2018 – verso un sistema di finanziamento della politica esclusivamente privato, la competizione per le risorse disponibili sarà ancora più accesa. Prevarranno insomma i partiti in grado di attrarre donazioni da aziende e individui in grado di elargire cifre rilevanti.
Lo scenario partitico italiano vive inoltre una fase incerta: il bipolarismo a cui aspirava la politica italiana si è velocemente frantumato, lasciando sul campo una miriade di partiti e partitini, tutti alla ricerca di fondi e risorse per competere alle elezioni.
In uno scenario così competitivo, è ancor più evidente come le tante incertezze legate alle nuove regole di trasparenza del finanziamento alla politica e l’assenza di una regolamentazione delle attività di lobbying pesino come un macigno sul sistema di integrità del nostro Paese.
“Qualora dovesse vincere il fronte del “SÌ”, il possibile rischio è che per attirare nuove e importanti donazioni i candidati siano maggiormente disposti a farsi portavoce dei propri finanziatori, più che del proprio elettorato – ha dichiarato il nostro direttore Davide Del Monte – ci auguriamo dunque che se la riforma fosse confermata dagli elettori, Governo e Parlamento prendano in seria considerazione la necessità di ripensare in maniera integrale le regole che dettano la competizione elettorale”.
Nota metodologica
Il calcolo della stima dei mancati introiti dei partiti e movimenti in caso di riduzione dei parlamentari si è basato sui dati delle donazioni ricevute nel 2019 dai partiti e dai soggetti terzi a loro collegati (associazioni, fondazioni, comitati) raccolti dal portale Soldi e politica. È stata calcolata la parte di donazioni di ciascun partito o movimento provenienti dai parlamentari e, considerato che tutti i partiti ricevono contributi dal 95-100% dei parlamentari (ad eccezione di Forza Italia la cui percentuale scende al 77%) al valore è stato applicato un taglio del 36,5% che è proporzionale alla riduzione del numero di parlamentari per ciascun partito o movimento.