Il report rileva che solo due dei 47 Paesi valutati applica attivamente gli obblighi contro la corruzione internazionale. L’Italia passa dal livello di applicazione “moderato” a “limitato”.
Transparency International pubblica oggi il report “Exporting Corruption 2022 – Assessing Enforcement of the OECD Anti-Bribery Convention”. Si tratta di una valutazione sull’attuazione dei principi contenuti nella Convenzione OCSE contro la corruzione internazionale in 43 Paesi firmatari della Convenzione insieme a Cina, India, Hong Kong (RAS) e Singapore, nel periodo che va dal 2018 al 2021.
Alla vigilia del 25esimo anniversario della Convenzione anticorruzione dell’OCSE e in concomitanza con l’incontro del gruppo di lavoro incaricato del suo monitoraggio, l’attuazione delle misure contro la corruzione internazionale vede notevoli passi indietro e raggiunge il suo livello più basso dal 2009, cioè da quando Transparency International realizza questa misurazione.
In base alla loro quota di esportazioni globali, i Paesi sono classificati secondo quattro categorie di efficacia nell’applicazione della Convenzione: “attiva”, “moderata”, “limitata” e “poca o nessuna”. Il report rileva che persiste la tendenza al ribasso già osservata negli ultimi anni e che attualmente gli “esecutori attivi” della Convenzione sono solo gli Stati Uniti e la Svizzera - che rappresentano l’11,8% delle esportazioni globali.
Venticinque anni dopo l’adozione della Convenzione OCSE contro la corruzione, la maggior parte dei Paesi sono ancora molto lontani dall’attuazione degli obblighi previsti. Il report osserva infatti un declino anche in Stati che prima attuavano attivamente la Convenzione. Sono solo due i Paesi in miglioramento (Lettonia e Perù) e ben nove quelli in peggioramento: Israele, Regno Unito, Brasile, Italia, Portogallo, Spagna, Svezia, Danimarca e Lituania.
Se la pandemia da Covid-19 ha posto un ostacolo rilevante ad ogni stadio di attuazione, dall’indagine al processo, la tendenza al ribasso in molti Paesi è antecedente alla pandemia e il quadro attuale solleva serie preoccupazioni. Nella maggior parte dei casi si rileva la mancanza di trasparenza sui dati e sugli esiti dei procedimenti giudiziari; inoltre, vi sono ancora pochissimi esempi di risarcimento alle vittime della corruzione internazionale, anche se ci sono stati alcuni sviluppi positivi a riguardo.
In un quadro generale di arretramento anche l’Italia passa dal livello di applicazione moderata al livello di applicazione limitata - insieme a Spagna, Brasile, Svezia e Portogallo.
I principali punti deboli che la ricerca addebita all’Italia sono la mancanza di un’adeguata formazione per indagare questo tipo di reato, l‘eccessiva durata dei processi giudiziari, l'inadeguatezza dei sistemi di segnalazione e protezione dei whistleblower, la scarsità di informazioni statistiche sui reati e la difficoltà di accesso.
Commenta la Presidente di Transparency International Italia, Iole Anna Savini:
“Il report evidenzia come si renda opportuno procedere tempestivamente a dare piena attuazione alla Direttiva Europea sul Whistleblowing. È inoltre auspicabile una riduzione degli arretrati giudiziari e che i potenziamenti sul fronte della digitalizzazione possano portare in tempi brevi a sensibili miglioramenti.”
Commenta il Direttore di Transparency International Italia, Giovanni Colombo:
“Sono in evidenza temi che ruotano attorno al concetto stesso di trasparenza per noi vitale e paradigmatico, con miglioramenti attesi quali la pubblicazione di statistiche effettive su questi reati, un miglior accesso alle decisioni giudiziarie sui casi di corruzione internazionale, l’implementazione del Registro dei titolari effettivi dove negli ultimi mesi abbiamo registrato passi in avanti”.
Le raccomandazioni di Transparency International per l’Italia sono le seguenti: