C’è un consenso trasversale nel favorire Confindustria e i sindacati in vista della discussione sulla proposta di legge in materia di regolamentazione di lobbying. Diversi gruppi parlamentari hanno presentato un emendamento che escluderebbe le associazioni imprenditoriali e le principali sigle sindacali dagli obblighi di trasparenza e rendicontazione previsti per chiunque interagisca con i decisori pubblici a livello locale, regionale e nazionale.
Questo trattamento di favore non trova riscontro né in Europa né in altri Paesi europei già dotati di leggi che rendono più trasparente e inclusiva l’attività di lobbying: sindacati e associazioni di categoria, concorrendo a influenzare le decisioni pubbliche, devono essere trasparenti tanto quanto le aziende, le Ong, le società di consulenza e gli studi legali. Ne è una conferma il fatto che le stesse associazioni imprenditoriali e i principali sindacati italiani sono regolarmente iscritti al Registro della trasparenza delle istituzioni europee, attraverso il quale possono chiedere incontri agli europarlamentari e agli alti dirigenti della Commissione.
Ad esempio, in Europa Confindustria ha all’attivo ben 77 incontri con i Commissari o alti dirigenti responsabili di vari dossier e europarlamentari (dati disponibili grazie all
’Integrity Watch di Transparency International), spendendo quasi 1 milione di euro in attività di lobbying (il doppio dei cugini francesi del
Mouvement des Entreprises de France che dichiarano 500.000 euro in lobbying con 28 incontri registrati). La CISL ha invece dichiarato di spendere 400.000 euro in attività di lobbying a Bruxelles con 3 soli incontri con le istituzioni europee.
“Se la proposta di legge venisse approvata con l’emendamento trasversale che favorisce Confindustria e le principali sigle sindacali, ci troveremmo di fronte al paradosso di sapere su quali temi questi importanti soggetti influenzano le politiche pubbliche europee e, al contrario, di essere totalmente all’oscuro sui dossier italiani sui quali sono chiamati a confrontarsi con le istituzioni nazionali e locali”, spiega Federico Anghelé direttore di The Good Lobby, l’organizzazione che guida la coalizione Lobbying4Change formata da 31 organizzazioni della società civile.
Per fare un esempio: Confindustria in Europa si è occupata di tassazione, concorrenza, ambiente, cultura, diritti dei consumatori; la Cisl di commercio, azione climatica, pesca, sicurezza alimentare. Siamo proprio sicuri che in Italia potremmo mettere da parte la trasparenza su dossier così cruciali, che riguardano la vita di ciascuno di noi e per i quali le Ong, le aziende, le società di lobbying saranno invece chiamate a render conto?
Quali sono le finalità di questi emendamenti? Che cosa hanno paura di nascondere le associazioni imprenditoriali e i sindacati nostrani che non vogliono apparire nel Registro della trasparenza e nelle Agende degli incontri tra i decisori pubblici (ministri, funzionari, parlamentari) e i portatori d’interessi? Queste categorie hanno già pieno accesso alle istituzioni e dispongono della linea diretta per poter influenzare le decisioni pubbliche.
Molte altre categorie non hanno questa fortuna e rimangono fuori dai tavoli decisionali. Se passasse questo emendamento, associazioni imprenditoriali come Confindustria e i sindacati potrebbero agire liberamente fuori da ogni regola, mentre tutti gli altri avrebbero l’obbligo di lavorare, giustamente, in piena trasparenza. Ci sembra evidente che ciò andrebbe a creare uno squilibrio nelle opportunità di accesso al processo decisionale pubblico favorendo i pochi a discapito dei molti.
Se questo emendamento venisse accettato, l’Italia partorirebbe una legge sul lobbying contro gli standard internazionali espressi a più riprese negli ultimi mesi dall’OCSE, GRECO (Consiglio d’Europa), Unione Europea, OSCE. Le legislazioni della Francia, Germania, Irlanda e Scozia, solo per citarne alcuni, obbligano le associazioni imprenditoriali e i sindacati a iscriversi al Registro della trasparenza.
Se davvero il governo ritiene la trasparenza delle decisioni pubbliche un elemento fondamentale contro la corruzione, come dichiarato dal Ministro Renato Brunetta in conferenza al CNEL il 25 ottobre, ce lo dimostri.
Le 31 sigle della società civile che formano la coalizione #Lobbying4Change chiedono a gran voce che il Ministro Brunetta, delegato del governo a pronunciarsi sugli emendamenti, e i gruppi parlamentari evitino di servire un assist a Confindustria e ai sindacati e mettano davvero tutti i portatori di interessi sullo stesso piano. Sarebbe un bel segnale per la trasparenza e un modo per rendere le decisioni molto più aperte e inclusive.
La coalizione #Lobbying4Change ha l’obiettivo di rendere più trasparenti e inclusivi i processi decisionali pubblici. Ci battiamo da molto tempo per una legge sul lobbying, che oggi riteniamo ancora più urgente con l’arrivo dei fondi europei del PNRR, che necessitano da una parte di una partecipazione di tutti gli stakeholder alle scelte sul nostro futuro e, dall’altra, di massima trasparenza sulle interlocuzioni tra portatori di interessi e decisori. Le 31 sigle sono: The Good Lobby Italia, Transparency International Italia, LIPU, Altroconsumo, Addiopizzo Travel, AITR, Animal Law Italia, AOI, ApinCittà, ASes, Associazione Antigone, Calcio sociale, Cittadinanza Attiva, CILD, Cittadini per l’aria, CIWF Italia, Equo Garantito, Essere Animali, Fondazione Etica, Fridays For Future Italia, Greenpeace Italia, Info.Nodes, ISDE, Movimento Khetane, LAV, Mani Tese, Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, Parliament Watch, Pro Natura, Slow Food Italia, WWF.