Susanna Ferro

Project manager di GlobaLeaks

Whistleblower: persone, non strumenti di battaglie politiche

Ancora una volta il caso Zambon ci fa riflettere sul valore del whistleblowing.

tempo di lettura: 4 min
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Politica
Società civile
Foto di Markus Spiske: https://www.pexels.com/it-it/foto/tessuto-stampato-verde-e-giallo-330771/

Nelle ultime settimane il caso di Francesco Zambon, ex funzionario dell’OMS, è tornato sotto i riflettori. Ancora una volta, però, non per quello che rappresenta davvero: la storia di una persona che ha avuto il coraggio di parlare, di segnalare, di lanciare un allarme in uno dei momenti più critici a livello mondiale degli ultimi decenni.

Francesco Zambon ha lavorato per oltre dieci anni all’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e all’inizio della pandemia di Covid-19, nel 2020, gli fu affidata la responsabilità di coordinare un team di ricercatori per redigere un rapporto sulla gestione dell’emergenza da Covid-19 in Italia, con l’obiettivo di trarre lezioni utili da condividere con gli altri Paesi prima che fossero colpiti come il nostro. Tuttavia, si ritrovò a segnalare le pressioni ricevute internamente all’OMS per modificare il rapporto e i potenziali conflitti di interesse. Si rifiutò di modificare il contenuto del rapporto con informazioni non veritiere e quello che ne seguì portò Francesco Zambon a lasciare l’OMS per le pressioni subite e la mancanza di tutele per chi segnala irregolarità.

Dimenticarsi dell’essere umano

Durante una recente audizione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria - qui il video – Francesco Zambon è stato al centro di contrapposizioni politiche, usato a fini di parte e a tratti screditato, quasi fosse lui l’imputato di qualcosa. Ma non si dovrebbe mai dimenticare che un whistleblower non è un bersaglio, né uno strumento politico. È una persona. Con la sua storia, le sue difficoltà, e le sue ferite.

Chi decide di segnalare un’irregolarità o un abuso lo fa spesso a caro prezzo. Subisce isolamento, perdita di fiducia, di lavoro, di serenità, di stabilità economica. Eppure, quando arriva in certi contesti quali possono essere quelli politici o mediatici, troppo spesso viene trattato come un personaggio funzionale a un racconto, non come un essere umano.

Audizioni o processi?

Le audizioni parlamentari dovrebbero essere momenti di ascolto e approfondimento. Eppure, in alcuni casi, finiscono per trasformarsi in vere e proprie arene, dove prevale il gioco politico, e la disparità di potere tra chi interroga e chi è interrogato viene usata per fini di parte. In questo modo si perde di vista il valore della persona che si ha davanti e il rispetto per la sua esperienza e per ciò che ha vissuto.

Ci si chiede: è questa la politica che vogliamo? Quella che usa le persone per confermare la propria narrazione, che piega le testimonianze a fini di parte, che mette in discussione chi ha avuto il coraggio di segnalare?

Disinformazione: un danno per tutti

Anche la disinformazione intorno ai casi di whistleblowing fa male. Non solo a chi la subisce, ma all’intero Paese. Perché ogni volta che si diffonde una notizia distorta, o la si racconta in modo parziale, o ancora si insinuano dubbi sulla credibilità di chi ha segnalato, si manda un messaggio pericoloso: “non conviene parlare”.

Nel caso di Francesco Zambon, ci siamo trovati, anche di recente, di fronte a una narrazione che confonde, semplifica e - cosa ancora più grave - rischia di distorcere il senso stesso del whistleblowing. Segnalare un’irregolarità non significa cercare visibilità o vendetta, ma contribuire al bene collettivo, alla trasparenza, alla fiducia nelle istituzioni.

E se non avesse segnalato?

Vale la pena chiederselo: cosa sarebbe accaduto se Francesco Zambon non avesse segnalato? Se avesse scelto il silenzio, come tanti prima e dopo di lui? Se avesse scelto di modificare quel rapporto e assecondare le pressioni ricevute? Oggi avremmo una persona in meno a raccontare la verità di quello che è successo nelle settimane tremende che hanno sconvolto l’Italia e il mondo, avremmo una persona in meno a sostegno del Parlamento, dei media, della magistratura, dei parenti delle vittime, per fare chiarezza su quello che è stato, in un panorama dove le persone coinvolte cercano di proteggersi, di deresponsabilizzarsi, di coprirsi a vicenda, e avremmo una persona in più che ha ceduto a istituzioni e dinamiche più forti e più grandi di lui e che troppo spesso non operano nell’interesse di coloro che devono proteggere.

I whistleblower non sono “eroi perfetti”, ma cittadini che fanno ciò che molti non osano fare. E meritano rispetto, protezione, ascolto. Non attacchi, non etichette, non strumentalizzazioni.

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