Una sentenza dal forte impatto, non solo economico, quella emessa dalla Corte dei Conti nei confronti di Norberto Achille, ex Presidente di FNM, Ferrovie Nord Milano Holding, condannato dai giudici contabili per danno erariale, nonostante nel processo penale fosse stata esclusa la qualifica di incaricato di pubblico servizio.
La vicenda è nota. Dopo la coraggiosa segnalazione dell’internal auditor, Andrea Franzoso, whistleblower che aveva smascherato la gestione impropria delle risorse aziendali da parte dell’ex n. 1 della Holding di Ferrovie Nord Milano, Achille è stato processato per peculato e truffa aggravata. L’accusa regge, e la qualifica di incaricato di pubblico servizio viene riconosciuta dal PM, dal Gip in fase cautelare e rimane tale sino alla sentenza di primo grado. In appello, però, il Procuratore Generale concede un concordato sulla pena, accolto dalla Corte d’Appello, riconducendo i fatti a reati meno gravi. Questo avviene sposando la tesi sostenuta dai difensori dell’imputato, che da incaricato di pubblico servizio lo declassano a privato cittadino. Il peculato diviene appropriazione indebita e l’aggravante della truffa (limitatamente alla circostanza dell’aver posto in essere la condotta violando i doveri del servizio) cade. Rimane però la contraddizione nell’ambito del medesimo ufficio (quello della Procura milanese) che prima formula un’accusa e successivamente torna sui propri passi.
Il processo penale è chiuso, in appello, con una pena di 2 anni e 8 mesi, ma la vicenda giudiziaria non può dirsi del tutto conclusa, perché in Cassazione pende ancora un ricorso sul risarcimento alla parte civile (Transparency International Italia) proposto da Achille. In tale contesto, la Corte dei Conti aderisce a una tesi che pone il rapporto di servizio nella sua sostanza, al di là della veste formalmente privata di un ente. Ed era proprio qui la tesi sostenuta da sempre da Transparency Italia: Achille svolgeva una funzione pubblica nel suo ruolo di Presidente di Ferrovie Nord Milano.
Così, all’esito del processo contabile, Achille è stato condannato a risarcire lo Stato per aver leso l’immagine (e dunque il buon andamento) della Pubblica Amministrazione.
Si legge nella sentenza, infatti, che: “i reati di truffa e appropriazione indebita commessi dal convenuto Achille hanno inequivocabilmente determinato un danno alla Regione Lombardia”; e che “la diffusione mediatica e, più in generale, lo strepitus che la commissione di delitti può generare” ha coinvolto “non soltanto l’ente societario ma anche e soprattutto l’Amministrazione Pubblica che partecipa al capitale sociale”. Ma non solo.
Affermano i giudici che “il danno all’immagine è un ‘danno pubblico’ in quanto lesione del buon andamento della Pubblica Amministrazione, la quale perde, con la condotta illecita dei soggetti ad essa vincolati da un rapporto di servizio, credibilità e affidabilità all’interno e all’esterno della propria organizzazione, ingenerando la convinzione che i comportamenti patologici posti in essere da chi opera per suo conto siano un connotato usuale dell’azione dell’amministrazione.”
La decisione è ancora impugnabile. Il segnale però è chiarissimo sin d’ora e la sentenza afferma categoricamente che le società partecipate pubbliche, quand’anche travestite da holding di partecipazione a conformazione privatistica, sono enti pubblici, quando vengono finanziate con risorse pubbliche. La distrazione, per fini personali di risorse di questi enti, è un danno per l’amministrazione pubblica, per la sua immagine e, quindi, per la collettività.