Giorgio Fraschini
Esperto di whistleblowing di Transparency International ItaliaLaureato in Giurisprudenza, si occupa da sempre di whistleblowing. Entra a far parte del team di Transparency Italia nel 2009, dove nel 2014 diventa responsabile del servizio ALAC - Allerta Anticorruzione con il quale l’associazione supporta i cittadini che vogliono segnalare un illecito. Nel 2016 collabora attivamente alla stesura della legge che attualmente tutela i whistleblower nel nostro Paese. Oggi continua ad assistere i segnalanti che si rivolgono ad ALAC, gestisce il servizio WhistleblowingPA per l’implementazione di una piattaforma di segnalazione nelle Pubbliche Amministrazioni, tiene corsi di formazione e segue da vicino la trasposizione in Italia della Direttiva Europea sul whistleblowing.
Lo scorso 17 dicembre per l’Italia, come per tutti i Paesi europei, è suonata la sveglia che ci ha ricordato il termine previsto per la trasposizione della Direttiva Europea in materia di whistleblowing. Purtroppo, il nostro Governo sembra proprio non averla sentita. Il mancato rispetto della scadenza poteva essere prevedibile per una serie di motivi: la gestione pandemica in primis, ma soprattutto la tradizionale lentezza dei Paesi europei nel recepire le Direttive comunitarie (il ritardo medio è infatti di un anno).
Non solo l’Italia quindi. Ad oggi i Paesi che hanno adottato una legge di trasposizione sono: Cipro, Danimarca, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Francia, Croazia e Svezia (per gli aggiornamenti whistleblowingmonitor.eu). Averla approvata d’altro canto non comporta automaticamente l’adesione alla Direttiva: infatti ci deve essere una verifica sulla conformità di questa legge con tutti gli articoli contenuti nella regolamentazione comunitaria.
Cos’è successo in questi anni?
Se non ci sorprende quindi la mancata adozione a dicembre, quello che ci lascia perplessi è il processo di trasposizione della Direttiva.
Il nostro Governo infatti è stato delegato alla trasposizione della Direttiva solo ad aprile 2021, 16 mesi dopo l’adozione della stessa da parte dell’Unione Europea. Il Governo poi a settembre dello stesso anno ha fatto scadere la delega per lo schema di trasposizione (quello sul quale le commissioni lasciano dei pareri, prima di arrivare al testo di legge vero e proprio), e da quel giorno fino al 17 dicembre non è più stata data alcuna notizia su questo processo, come abbiamo fatto notare a suo tempo insieme agli amici di The Good Lobbying.
Il Governo ha dunque preferito procedere a fari spenti nell’elaborazione di uno schema di legge che non è mai stato pubblicato, anche se un testo pensiamo sia esistito. Ce lo fanno pensare sia un articolo de Il Sole 24 Ore dell’agosto 2021, sia il parere di Confindustria del novembre 2021, perché entrambi i testi utilizzano riferimenti specifici agli articoli. Che il disegno di legge sia stato consegnato a un giornalista senza essere stato visto da nessun altro sembra almeno spiacevole, se non grave; il parere di Confindustria, invece, è piuttosto critico, segno che probabilmente l’organizzazione non è stata coinvolta nei lavori ma ha ricevuto una copia a lavori già ultimati.
Le notizie su tutto il processo - a dire il vero - sono sempre state poche e non siamo a conoscenza di tavoli di lavoro, audizioni o consultazioni pubbliche. Quello che poi ci rammarica è che non siano stati interpellati soggetti che sul tema hanno una vasta e diretta esperienza. La società civile, che per anni ha lavorato, per esempio, all’approvazione di una legge che ha portato il whistleblowing anche nel nostro Paese. E non da ultimo anche all’approvazione della Direttiva stessa. Ci sono poi soggetti come enti pubblici e privati che quotidianamente utilizzano piattaforme e si interfacciano con i whistleblower. Gli stessi whistleblower. E i sindacati, che delle tutele dei lavoratori si interessano.
Quale orizzonte per la trasposizione della Direttiva in Italia?
Oggi che da più parti si chiede un’adozione immediata, pensiamo sarebbe opportuno che il processo venisse portato avanti nel migliore dei modi e che si arrivasse a una legge buona piuttosto che a una legge “veloce”, magari pensando anche alla possibilità di una consultazione pubblica. Nelle ultime settimane infatti abbiamo letto appelli, affinché il procedimento per il recepimento della Direttiva riprenda, cosa che dovrebbe avvenire dopo il rinnovo della delega al Parlamento. Il Presidente dell’A.N.AC. Giuseppe Busia per esempio ha auspicato una ripresa del processo, affermando che il dispositivo della legge di recepimento è già pronto. Da ultimo, anche il Ministro della Giustizia Marta Cartabia ha ribadito l’urgenza di trasporre la Direttiva “il prima possibile”. Quest’ultima affermazione stride un po’ con quello che è avvenuto lo scorso anno, quando lo stesso Ministero ha avuto la responsabilità di redigere il decreto legge e, come detto, non solo non ha portato a termine il lavoro ma quello che ha portato avanti lo ha fatto in totale segretezza.
Nonostante la Direttiva Europea sia unanimemente ritenuta un testo completo e moderno, non si può pensare che una trasposizione che non tenga in conto il contesto normativo e regolamentare vigente, possa essere efficace. Nel testo della Direttiva inoltre esiste anche una clausola di non regressione rispetto ai diritti già attribuiti dalle leggi nazionali.
L’invito al nostro Governo, quindi, è di cominciare un processo più inclusivo, possibilmente con almeno una consultazione pubblica sullo schema di testo, in modo da poter comunque interpellare soggetti che sono stati promotori dell’istituto in questi anni e che portano un’esperienza diretta sul tema. Che si prenda il tempo necessario per arrivare a produrre la miglior legge di trasposizione possibile e non solo la legge più rapida possibile.