Corrotti e criminali non dovrebbero avere la possibilità di nascondersi dietro società anonime, in nessuna parte del mondo.
Dal 2019 Transparency International con la campagna Reforming global standards on beneficial ownership transparency si impegna per la creazione di un unico registro pubblico globale dei titolari effettivi in tutto il mondo.
A novembre 2019 entrava in vigore il decreto legislativo di attuazione della V direttiva europea antiriciclaggio. Il testo prevedeva, così come richiesto dall’Unione Europea, la creazione di un registro in cui fossero raccolte le informazioni sui titolari effettivi di imprese, persone giuridiche private e trust, con lo scopo di incrementarne la trasparenza e prevenire l’uso di questi soggetti a scopo di riciclaggio.
Tuttavia, per darne piena attuazione era necessario un ulteriore decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) che ne stabilisse i dettagli e gli aspetti operativi, decreto che è arrivato solo a maggio 2022 e che è entrato in vigore ufficialmente dal 9 giugno.
Strutture societarie complesse e opache costituite attraverso più giurisdizioni vengono spesso usate allo scopo di far perdere le tracce del beneficiario finale e per ripulire proventi illeciti, soprattutto quando sono coinvolti Paesi che garantiscono il segreto bancario in maniera molto “spinta”.
I registri pubblici sui titolari effettivi di società e trust permettono di tracciare più facilmente il denaro e anche capire chi investe nel nostro Paese e con chi tratta la Pubblica Amministrazione, come ben evidenziato nell'articolo scritto per il nostro blog dei giornalisti Gloria Riva e Stefano Vergine.
Il decreto appena entrato in vigore definisce chi (imprese dotate di personalità giuridica, persone giuridiche private, trust o istituti giuridici affini) deve comunicare cosa (i dati identificativi e la cittadinanza dei titolari effettivi, oltre alle condizioni da cui deriva tale status) alla Camera di Commercio territorialmente competente, che dovrà accertare il rispetto degli obblighi di comunicazione, pena una sanzione amministrativa.
Tra le persone giuridiche private rientrano anche le associazioni che, come la nostra, sono iscritte al RUNTS (Registro Unico del Terzo Settore). Infatti, la riforma del terzo settore ha previsto l’acquisizione della personalità giuridica per effetto dell’iscrizione al registro, diversamente dunque da quanto previsto in precedenza per cui era necessaria l’iscrizione al Registro delle Persone Giuridiche Private presso la Prefettura.
I dati saranno raccolti all’interno di una nuova sezione del Registro Imprese dedicata ai titolari effettivi. Sono previste una sezione autonoma per le società e persone giuridiche private e una sezione speciale per i trust e gli istituti giuridici affini, che potranno essere accessibili da tutti, ma con alcune limitazioni.
Se infatti le autorità hanno pieno accesso ai dati e alle informazioni contenute nel registro, i soggetti obbligati secondo la normativa antiriciclaggio potranno, previo accreditamento e dietro il pagamento dei diritti di segreteria, consultare i dati al fine di ottemperare agli obblighi di adeguata verifica della clientela.
Il pubblico può consultare i dati di società e persone giuridiche private a richiesta. L’accesso tuttavia non è gratuito e può essere escluso nei casi in cui vi siano particolari circostanze previste dalla legge (ad esempio, se il titolare effettivo è un minore o se vi sono particolari rischi di frode, rapimento, ricatto, etc.)
Vincoli più stringenti sono previsti infine nel caso di accesso alle informazioni sui trust. È infatti necessaria una richiesta di accesso motivata alla Camera di Commercio e solo in presenza di un interesse giuridico rilevante e differenziato.
Le Camere di Commercio sono chiamate a valutare le richieste di accesso e dunque ad accordare o negare al pubblico la possibilità di consultare i dati sui trust o nel caso vi siano circostanze di esclusione. Il riscontro alla richiesta è previsto entro un termine di 20 giorni. Tuttavia, in caso di mancato riscontro la richiesta si intende negata, in contrasto con quanto le norme sulla trasparenza e l’accesso alle informazioni prevedono, ovvero che gli enti pubblici sono sempre tenuti a rispondere e motivare eventuali dinieghi. Questa modalità di diniego tacito rischia infatti di pregiudicare fortemente le possibilità di accesso alla consultazione dei dati.
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