La
Direttiva Europea per la protezione dei segnalanti di illeciti 1937/2019 sarà trasposta entro la fine del 2021 negli ordinamenti di tutti i Paesi europei.
Il documento
analizza i singoli articoli della Direttiva e formula
raccomandazioni sulle modalità di trasposizione della Direttiva nel nostro ordinamento. Teniamo a precisare che le raccomandazioni sono il frutto di un assiduo studio degli aspetti operativi e gestionali del
whistleblowing, come registrati nel tempo. Sulla base della nostra esperienza abbiamo rilevato come, in molti casi, norme, per così dire, “apparentemente avanzate” siano risultate, affatto funzionali ed efficaci in concreto, precludendo il reale accesso alla tutela da parte dei
whistleblower e mettendo in difficoltà i soggetti riceventi in merito a compiti e responsabilità.
La Direttiva europea 2019/1937, come noto, presenta aspetti di indubbia apertura e potenziamento del sistema di tutela del segnalante, anche nell’ottica di promuovere una tutela del segnalante minima e condivisa, su scala comunitaria. Tuttavia, il suo recepimento nell’ordinamento italiano deve tenere conto di due fattori:
- da una parte l’attuale disciplina in materia, caratterizzata da frammentarietà e diversificazione (ad esempio non vi è equiparazione, allo stato, tra il whistleblower pubblico e privato, sebbene vi siano non poche diversità di contesto per l’uno e l’altro);
- dall'altra, potremmo dire “paradossalmente” - le tutele in essere per il segnalante sono talvolta più marcate di quelle indicate dal legislatore comunitario, il che implicherà un approccio “conservatore”, quantomeno in parte, al fine di evitare l’imbarazzo di aver diminuito (anziché innalzato o, comunque, mantenuto) la tutela da apprestare (sul punto, cfr. art. 25 della Direttiva che riconosce la possibilità per il singolo Stato membro di mantenere determinati livelli di tutela).