Nicoletta Prandi

Giornalista e divulgatrice esperta di intelligenza artificiale

È immaginabile una scuola senza insegnanti?

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Business

È immaginabile una scuola senza insegnanti?

Con questo articolo ospitiamo un secondo contributo di Nicoletta Prandi, giornalista e divulgatrice esperta di intelligenza artificiale. La chiamano Scuola 4.0 e prevede la trasformazione delle classi tradizionali in “ambienti di apprendimento connessi”. Sembra fantascienza, ma è l’obiettivo di un ambizioso progetto italiano finanziato all’interno del PNRR.


di Nicoletta Prandi
Giornalista e divulgatrice esperta di intelligenza artificiale
Autrice di “Immuni alla verità” (Guerrini), “Effetto Atlantide”, “Finché chip non ci separi" (Leucotea edizioni)
Da "La medicina predittiva. Gli inglesi ci provano e la rendono operativa"
Pubblicato su La Ragione il 16 maggio 2025


In Italia nell’ambito del PNRR gli oltre due miliardi di euro del piano Scuola 4.0 sono stati destinati alla trasformazione di circa 100.000 classi tradizionali in «ambienti di apprendimento connessi», connected learning environments. Più della metà dei fondi – 1,3 miliardi di euro – erano destinati all’acquisto di pc, tablet, lavagne interattive e la parte restante alla creazione di laboratori per le professioni digitali.

L’innovazione strutturale del nostro sistema scolastico, intesa come uso della tecnologia per migliorare la qualità dell’istruzione e i suoi risultati, però, non può essere ridotta all’acquisto di apparecchiature. Si guardi cosa sta accadendo negli Stati Uniti, dove si stanno diffondendo le prime scuole senza insegnanti, sostituiti da piattaforme di apprendimento personalizzate (edtech). Si tratta del metodo Alpha: le ore giornaliere di lezione sono concentrate in due ore e nel resto del tempo gli alunni sviluppano competenze non accademiche, con buona pace dei risultati di apprendimento. Nato con un primo istituto in Texas nel 2022, il metodo Alpha prevede lezioni di 30 minuti, erogate su device (pc o tablet) e personalizzate grazie all’intelligenza artificiale. Poi sessioni di bicicletta, educazione finanziaria o artigianato, a scelta. Gli iscritti raggiungono risultati superiori del 2% alla media (valutazioni effettuate secondo gli standard della Northwest Evaluation Association) in lettura e matematica e, paradossalmente, passano molto meno tempo davanti ai monitor rispetto agli alunni tradizionali. Il tempo, difatti, è ottimizzato: non conta avere un pc, conta come lo si usa.

E gli insegnanti? Esistono, guadagnano anche parecchio, circa 100.000 dollari all’anno, ma sono chiamati «guide» e svolgono esclusivamente un ruolo di supporto motivazionale. Il loro ruolo è stato ridisegnato ed è tutt’altro che accessorio alla tecnologia, poiché devono sapere come usarla al meglio per l’istruzione. Dopo il Texas, altre scuole Alpha sono sorte in Florida e nuove ne arriveranno in California. Guardando in casa nostra, il tragitto che può portare alla diffusione di un ipotetico «modello Alfa nostrano» resta lastricato di punti interrogativi. Uno riguarda la doppia anima del potenziale tecnologico. Se l’abbraccio tra IA, istruzione e neuroscienze ha una capacità trasformativa impressionante (offre possibilità di apprendimento personalizzate a studenti che provengono da contesti diversi e accesso a contenuti didattici di alta qualità, sempre aggiornati), può anche esacerbare le disuguaglianze esistenti.

La scuola Alpha costa 10.000 dollari all’anno e non è difficile prevedere che gli istituti privati godranno di un vantaggio competitivo che rischia di rafforzare gap già esistenti. Una raccomandazione simile è già stata lanciata da IEEE, la più grande e autorevole associazione mondiale di ingegneri. Risultati eccezionali sono stati raggiunti sperimentando soluzioni evolute di edtech tra gli studenti con neurodivergenze, sempre più diffuse: le piattaforme digitali immersive, infatti, riescono ad attivare i centri cerebrali responsabili dell'apprendimento esperienziale, cognitivo, comportamentale ed emotivo. L’accesso universale a queste possibilità è un aspetto del quale tenere conto. Il futuro bussa alla porta, da alcuni è già entrato (non dimentichiamo la Cina e altri Paesi dell’Est) e sarà sempre più selettivo, a livello globale. Essendo una sfida che non fa prigionieri, spaventarsi non è un’opzione. Lo è gestire in modo intelligente i già pochi soldi a disposizione.

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