Segnala illeciti e subisce mobbing: prima sentenza a favore di una whistleblower in Italia

Il Tribunale di Bergamo riconosce il mobbing subito da una dipendente della Polizia Locale, condanna il datore di lavoro, risarcisce la segnalante e annulla ogni ritorsione.

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Whistleblowing
Supporto ai segnalanti

La sentenza n. 951 del 6 novembre 2025, emessa dal Tribunale di Bergamo, rappresenta il primo riconoscimento del diritto al risarcimento per una whistleblower vittima di ritorsioni.

Una vigilessa del Consorzio di Polizia Locale della Val Seriana, tra il 2020 e il 2022, ha denunciato alcune irregolarità nella concessione di benefit economici a colleghi che non ne avevano diritto. Dopo le sue segnalazioni, la donna ha iniziato a subire atti persecutori da parte dei superiori:

  • insulti e frasi denigratorie del comandante
  • demansionamento e assegnazione a compiti di scarso rilievo
  • isolamento professionale
  • valutazioni negative del rendimento

Il Tribunale di Bergamo ha riconosciuto che tali comportamenti costituivano mobbing a carattere ritorsivo, cioè una forma di persecuzione legata alla sua segnalazione. La vigilessa ha quindi ottenuto un risarcimento di 25.000 euro

L’avvocato Domenico Tambasco, che ha assistito la vigilessa, spiega: «È una sentenza storica: per la prima volta viene accertato il diritto al risarcimento del danno morale a una whistleblower vittima di ritorsioni. E la prima a ottenerlo è una donna. Il Tribunale ha applicato pienamente l’inversione dell’onere della prova, affermando la nullità degli atti ritorsivi e la responsabilità dell’amministrazione per l’ambiente di lavoro ostile e stressogeno». Un collega arrivò a dire: le «spaccherei la faccia». [ilcorriere.it]

Questo caso rappresenta un esempio concreto di mobbing ritorsivo collegato all’esercizio del diritto–dovere di segnalazione di illeciti nella pubblica amministrazione.

La sentenza si inserisce nel contesto della tutela del whistleblower, rafforzata D.Lgs. 24/2023 che recepisce la Direttiva UE 2019/1937. In Italia, questa normativa protegge i dipendenti pubblici e privati da qualsiasi forma di discriminazione o ritorsione a seguito di una segnalazione.

Il riconoscimento giudiziale del danno alla vigilessa ribadisce il principio per cui i whistleblower non devono essere puniti per essersi espressi ma protetti e premiati per aver messo l’interesse generale al di sopra del proprio. 

«I whistleblower non devono essere figure eroiche e isolate. Questa sentenza non tocca solo me: riguarda tutte le persone che, troppo spesso nel silenzio e nella solitudine, scelgono di non voltarsi dall’altra parte. La giustizia ha riconosciuto che segnalare un illecito non è un atto di disobbedienza, ma di responsabilità». [ilcorriere.it]

La sentenza segna un punto di svolta in materia poiché, per la prima volta nel sistema nazionale, l’istituto giuridico del whistleblowing viene applicato in modo pieno e coerente.

Una decisione che finalmente riconosce la vulnerabilità di chi segnala e la necessità di una tutela reale, concreta e non meramente formale. Viene riconosciuto il valore e il coraggio insito nel denunciare irregolarità all’interno del proprio contesto lavorativo.

Si tratta anche di una decisione che arriva come epilogo di una vicenda umana e professionale estremamente dolorosa. La segnalante, per anni, ha continuato a lavorare sotto la direzione ed alle dipendenze della stessa persona che aveva adottato nei suoi confronti misure discriminatorie e ritorsive. È stata isolata, demansionata e privata del ruolo per cui era stata assunta, soltanto per aver esercitato il proprio senso civico.

Inoltre, il risarcimento del danno riconosciuto dal giudice del lavoro, pur potendo apparire in astratto una cifra rilevante (25.000 euro), non può minimamente compensare i danni morali, psicologici e professionali subiti in anni di isolamento e di pressione. Non restituisce l’ansia, la solitudine e le gravi conseguenze personali patite per aver scelto di effettuare una segnalazione.

Proprio per questo la pronuncia assume un valore dirompente: potrebbe costituire un precedente fondamentale e orientare in senso positivo la giurisprudenza italiana nell’applicazione dei principi sul whistleblowing

Allerta Anticorruzione

Il servizio di supporto ai segnalanti

A rendere possibile il percorso di riconoscimento di tutte le tutele da whistleblower alla vigilessa della Val Seriana, c’è stato anche il supporto costante prestato da noi di Transparency International Italia in qualità di organizzazione della società civile accreditata presso ANAC. Abbiamo potuto accompagnato la segnalante in ogni fase: dalle prime comunicazioni interne alle segnalazioni esterne, fino alle delicate fasi successive.

Dal 2024 siamo iscritti nell'elenco degli enti del Terzo settore dell’A.N.AC. tra le organizzazioni che offrono gratuitamente misure di supporto e attività di assistenza ai segnalanti. Questa tipologia di sostegno continuativo, in ogni fasi di tutela del futuro whistleblower, dimostra quanto sia fondamentale un’azione di accompagnamento che non si esaurisce al momento della segnalazione, ma prosegue nel tempo per proteggere davvero chi sceglie la trasparenza.


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