Michele Calleri
Presidente Transparency International ItaliaAvvocato e revisore dei conti
La corruzione non ha colore politico e combatterla fino in fondo è un dovere democratico
Recentemente abbiamo scritto una lettera aperta al Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo la lettura di una sua intervista rilasciata al Corriere della Sera lo scorso 17 luglio, nella quale si è espresso in questo termini sulla corruzione: «Nel merito non so se ci sia o no (corruzione). Le leggi ci sono. Ma è illusorio pensare che possano fermare un fenomeno che c’è dai tempi di Cicerone».
Egregio Signor Ministro,
ho letto con attenzione l'intervista pubblicata il 17 corrente sul Corriere della Sera (pag. 9), in cui afferma, con riferimento alla corruzione: “Le leggi ci sono. Ma è illusorio pensare che possano fermare un fenomeno che c’è dai tempi di Cicerone”. È un’affermazione che mi rattrista. Comprendo possa nascere da una lunga esperienza, anche professionale, ma temo possa essere letta come una sorta di resa rassegnata a un male antico.
Notizie come quelle che emergono in questi giorni dalla Procura di Milano arrecano un grave danno reputazionale. Eppure, in passato proprio il Comune di Milano era in prima linea nel contrasto alla corruzione, adottando – tra i primi in Italia – strumenti come i patti di integrità, proposti da Transparency International, per sanzionare economicamente gli imprenditori infedeli. Oggi, invece, le cronache restituiscono l’immagine di una presunta gestione opaca, verticistica, quasi oligarchica della cosa pubblica, sostenuta da una colpevole omertà di funzionari e amministratori.
Nonostante ciò, mi permetto di rivolgere un’esortazione a Lei (o a chi ne interpreta il pensiero): non ceda al disincanto. Possiamo testimoniare che, negli ultimi anni, molti enti pubblici e privati hanno investito seriamente in sistemi di prevenzione, controllo e gestione dei rischi corruttivi. La consapevolezza dei danni che la corruzione arreca alla credibilità e all’efficienza delle istituzioni si è diffusa, e rappresenta oggi un patrimonio condiviso da larghe fasce della società civile. E come dimenticare le parole, di qualche anno fa, di un ex assessore milanese, che, di fronte alla proposta di una tangente, ebbe il coraggio di rispondere: “A Milano, queste cose non si fanno”?
Esiste quindi, nel Paese, una forza civile, silenziosa ma crescente, che si indigna profondamente di fronte ai tradimenti della fiducia pubblica. Che si tratti di assunzioni clientelari, di commistioni tra affari e politica, o di sottomissioni a logiche di potere opache, questa indignazione è reale, ed è difficile da placare con giustificazioni o con l'inerzia.
In questa prospettiva, desidero rivolgermi a Lei Ministro con un appello rispettoso ma fermo: dia seguito – senza indugi e con coerenza – alla predisposizione di tutte le norme amministrative e civili indispensabili per completare il processo di riforma già avviato con l’abolizione dell’abuso d’ufficio. Una riforma lasciata a metà non è accettabile, e rischia di produrre più danni che benefici.
Forse, l’affermazione riportata nell’intervista voleva parlare ai giovani che lasciano il Paese, forse intendeva essere una provocazione politica. Ma ora è tempo di risposte serie e concrete. Perché la corruzione, come Lei ben sa, non ha un colore politico. E combatterla fino in fondo è un dovere democratico.
Michele Calleri
Presidente Transparency International Italia
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