A un anno dalla CSRD, le aziende BIF crescono sostenendo il cambiamento

All’evento BIF in Enel, focus sull’impatto delle nuove normative su business e governance.

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Quali sono le convergenze tra business integrity, sostenibilità e governance a un anno dalla pubblicazione della Direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive)?

L’ultima tappa del denso programma 2025 del Business Integrity Forum di Transparency International Italia è andata in scena al BIF event di novembre a Roma presso la sede Enel, ed è stata l’occasione per fare il punto della situazione con il contributo delle aziende del BIF.

Ad aprire la sessione, l’introduzione di Viviana Vitto, responsabile Sostenibilità di Enel, che ha ribadito la necessità di integrazione della sostenibilità e dell’integrità quali componenti irrinunciabili del business.

Nel corso del dibattito, introdotto e moderato da Giovanni Colombo, coordinatore del Business Integrity Forum di Transparency International Italia, esperti di etica e compliance si sono confrontati, mettendo a fattor comune le rispettive esperienza e delineando un quadro che ancora presenta qualche criticità ma che, sostanzialmente, indica una tenuta generale sui temi della business integrity, soprattutto per quanto riguarda le grandi aziende.

Ma, facciamo un passo indietro e partiamo dal keynote speech tenuto da Stella Gubelli, CEO di Altis Advisory, spin-off dell’Università Cattolica del sacro Cuore.

In Europa siamo passati – ha detto Gubelli - da una tendenza alla “bulimia normativa” dell’UE a un sostanziale ridimensionamento del quadro legislativo, culminato con l’Omnibus, che prevede lo “stop the clock” (diamoci tempo) e una semplificazione delle direttive CSRD, CS3D e Tassonomia. Certamente questo ridimensionamento offre grandi opportunità, ma a patto che l’allentamento delle norme venga inteso come opportunità di percorsi ESG, che sostenibilità e strategia viaggino insieme, con una buona governance e il coinvolgimento dell’alta direzione e con un vero e proprio sistema di gestione della sostenibilità”.

Tornando alla tavola rotonda, insieme con Giovanni Colombo si sono alternati Ilenia Mauro, Responsabile Business Integrity e Compliance di Enel, Pierandrea Chiarelli, Business Integrity e Compliance di Snam ed Enrica Tocci, Ethics Officer di Engie, che hanno inizialmente risposto a un quesito: è stata la CSRD a migliorare il coinvolgimento dei vertici con la business integrity.

Secondo Ilenia Mauro “in Enel esiste un’ottima sinergia tra management, business integrity, compliance e sostenibilità e sicuramente la normativa ha dato impulso a questa attitudine. Non c’è soltanto un mero scambio di informazioni ma il vertice aziendale fornisce input di continuo, anche nella politica anticorruzione, nella politica della gestione della sicurezza e della salute. Un impegno fotografato dall’adozione del CDA dei documenti etici di riferimento, sia in Italia sia all’estero”.

Sulla stessa lunghezza d’onda Pierandrea Chiarelli: “Per Snam la CSRD è stato un acceleratore di ciò che avevamo già avviato nel 2017. Allora abbiamo deciso di estendere la rendicontazione trasparente agli ambiti sia finanziari sia non finanziari. Abbiamo trasformato la compliance da persone che dicono “No” a persone che dicono “Come”, passando da un approccio difensivo a uno competitivo”.

Gli fa eco Enrica Tocci: “Anche in Engie il rapporto con i vertici è stato favorito dalle normative, ma il CDA è il primo propulsore delle politiche di integrità e compliance. Indicazioni chiare e forti dall’alto dettano la linea dell’integrity business dell’azienda”.

Un’altra analisi introdotta da Giovanni Colombo riguarda la sensibilità, dimostrato da alcune recenti e autorevoli ricerche (Mc Kinsey, Edelman Trust Barometer) che le fasce di giovani (Millennials e Generation Z) hanno nella propensione al consumo di beni e servizi offerti da soggetti che mostrano chiari e ben documentati valori di etica e sostenibilità. Come viene recepita tale sensibilità dalle aziende?

In Enel ciò mi rende particolarmente orgogliosa è l’attenzione ai valori in ogni aspetto del business, compresa la catena della fornitura – dice Ilenia Mauro. Un esempio è rappresentato dalla politica sui diritti umani, con serie due diligence sulle aziende con cui lavoriamo. Sulla supply chain esiste un processo di qualificazione e selezione dei fornitori e ciò si riflette anche nella nostra immagine esterna".

In questi processi, sono svariate le sfide interne alle aziende per passare dall’approccio difensivo a quello competitivo nella compliance.

In Snam abbiamo capito che è importante che il cambiamento sia graduale e meno disruptive possibile – spiega Pierangelo Chiarelli. Un cammino step by step, che deve essere interiorizzato ad ogni livello”.

Il cambiamento più difficile è quello culturale – aggiunge Enrica Tocci. I valori ESG devono essere patrimonio di tutta l’azienda, attraverso progetti specifici, formazione e identificazione di piani d’azione volti a raggiungere obiettivi chiari e sfidanti”.

Insomma, per fare una sintesi: in questa fase un po' magmatica le aziende più consapevoli della virtuosità dell’integrazione dei principi ESG nel business hanno chiara la necessità, ma anche la convenienza strategica a mantenere la rotta, a prescindere dal ridimensionamento normativo, nella convinzione che la crescita della business integrity, intesa come ecosistema integrato tra integrità e sostenibilità, resti un asset imprescindibile per le aziende che voglio sfidare il domani. 

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