Il comun denominatore del Business Integrity Forum è il suo senso di comunità e di integrità intorno a cui ruota il nostro impegno e che, grazie al coinvolgimento di tutti gli attori e della cittadinanza, fa si che possiamo muovere insieme verso l'obiettivo comune della prevenzione della corruzione.
Le parole di Iole Anna Savini, presidente di Transparency International Italia, riassumono perfettamente lo spirito che ha accompagnato un'anno di grandi obiettivi per il Business Integrity Forum e l'edizione 2023 del National Event dal titolo Etica e Compliance, andato in scena giovedì 16 novembre a Roma nella prestigiosa sede Enel di Villa Lazzaroni.
Andiamo con ordine.
L’indissolubilità del binomio integrità/sostenibilità è ormai un fatto evidente e condiviso. Da anni il BIF viaggia su questo doppio binario – ha detto Giovanni Colombo, direttore di Transparency International Italia – in uno spirito in cui le aziende privilegiano il verbo “voglio” rispetto al vero “devo”, seguendo un approccio all’integrità sempre più proattivo e beyond the law. Riconosciamo nel “devo” il propulsore della normativa e nel “voglio” la spinta dell’etica e dei valori condivisi.
In questo quadro si inserisce l’approccio Tone From the Top, che l'Amministratore Delegato Enel Italia, Nicola Lanzetta, ha voluto descrivere con un messaggio video in cui ha ribadito che un’azienda che investe nell’etica è un’azienda capace di attrarre e di essere più competitiva sul mercato.
Su questa lunghezza d’onda si sono attestati tutti gli interventi successivi, offrendo punti di vista qualificati e originali, in cui è parso evidente come ormai l’integrità non è più intesa come mero rispetto delle regole, ma è sempre di più un asset di governance e di mission.
Ecco che, per fare un esempio, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive è, secondo Virginia Colurcio, Head of Criminal ad Business Integrity and Compliace di Enel, un’opportunità importante per allineare la supply chain e, più in generale gli stakeholder, allo spirito ESG aziendale, in un quadro di assestment continuo, in cui venga costantemente monitorato l’impatto del business anche sui diritti umani.
Le dinamiche di integrità e sostenibilità risultano tanto più efficaci quanto più il top management delle aziende è partecipe al processo. In Engie Italia – ha spiegato Enrica Tocci, Director Ethic & Compliance – l’etica è una condizione irrinunciabile, per espressa e forte convinzione dei vertici, con un engagement dall’alto che comporta maggiori responsabilità lungo la catena organizzativa aziendale, a partire dall’applicazione della normativa anticorruzione che, per il nostro gruppo, multinazionale francese, significa, ad esempio, essere tenuti all’osservazione della normativa francese, la cosiddetta Sapin II, oltre che a quella italiana.
Per tornare al concetto di beyond the law, particolarmente interessante è stato l’intervento degli esponenti di Mundys, che hanno illustrato come il gruppo di cui fanno parte si è mosso con lungimiranza sia sul terreno della trasparenza fiscale, sia su quello delle policy di lobbying, anticipando, in questo ultimo caso, il legislatore italiano, tutt’ora latitante in materia. Gran parte della nostra attività di lobbying – ha detto Leduina Petrone, Head of Institutional Affairs - è dedicata alla sostenibilità ambientale, in chiave di lotta al cambiamento climatico ed è integralmente tracciata e trasparente. Uno dei principali cambiamenti è stato, infatti, la scelta degli ESG come driver del nostro business. Come innovativo in chiave ESG è il nostro Tax Transparency Report, attivo dal 2022 – ha detto Giuseppe Natali, Head of Tax Affairs - in un costante rafforzamento dei rapporti con l’Agenzia delle entrate, non più vista come una minaccia in grado di comminare pesanti sanzioni, ma come soggetto con cui dialogare in maniera propositiva.
Ma, tornando al tema Due Diligence, sempre centrale nell’attività di compliance, è stata Snam a illustrare procedure innovative, capaci di portare i temi ESG dentro i nuovi processi di verifica.
Per noi è fondamentale sovraintendere allo standard della catena della fornitura sotto molteplici aspetti – ha spiegato Teresa Altieri, Legal Conseul – perché in gioco non vi è soltanto l’aspetto reputazionale del gruppo, ma anche questioni cruciali di sicurezza. Snam utilizza il tool Cogito per le proprie ricerche, uno strumento capace di sondare tutte le fonti aperte disponibili e rilevare profili di criticità. Oltre a Cogito, Snam è pioniere nell’utilizzo del cosiddetto indice Rozes, che rappresenta uno strumento particolarmente innovativo per l’individuazione di anomalie sospette all’interno della supply chain. Grazie all’indice Rozes – ha detto Valentina Signoriello, Countepart Risk – siamo in grado di ottenere alert costanti e immediati su possibili parametri sospetti, partendo dall’analisi dei bilanci e di altri parametri delle società.
Pratica e tecnologia innovativi che ancora non hanno soppiantato lo strumento del whistleblowing, tuttora cruciale, se ben utilizzato, nelle dinamiche di autotutela delle aziende.
In Germania – ha raccontato Livio Lazzarino, Head of Anty-Bribery & Corruption and Whistleblowing di Unicredit – un grande gruppo aziendale era stato messo al corrente da una whistleblower di un’operazione di green-washing da centinaia di milioni, messa in atto da un manager. La sottovalutazione della denuncia ha generato un’investigazione delle autorità americane e tedesche, che hanno poi portato alla luce la truffa e comminato pesanti sanzioni al gruppo. Ecco, questo è un esempio clamoroso dell’importanza cruciale del whistleblowing e delle sue crescenti implicazioni ESG. Prevenire, anche nel business, è sempre meglio di curare, insomma. Lo sanno bene i rappresentanti di Marsh, che hanno illustrato come il loro compito nell’ambito della prevenzione del rischio debba misurarsi, ormai costantemente, con crisi globali di enormi gravità e impatto. Partendo dall’11 settembre e arrivando al drammatico conflitto mediorientale in corso – ha detto Bruno Dotti, Marsh Advisor, Enterprise Risk Services & ESG Practice Leader - la nostra azienda ha dovuto affrontare crisi che ci hanno sempre portati a lavorare contemporaneamente sui due piani della programmazione/prevenzione del rischio e quello della mitigazione degli effetti. In questo senso, la gestione delle supply chain si sta rivelando sempre più complessa e sfidante. Grazie ai nostri tool, che iniziano ad attingere anche al campo dell’intelligenza artificiale, siamo in grado di stare sui due piani e di fornire servizi altamente affidabili. A Dotti ha fatto eco la collega Cristina Celac, Manager of Enterprise Risk Service, che ha mostrato, nel dettaglio, gli strumenti di cui Marsh dispone sia nel campo della prevenzione del rischio, sia in quello, strettamente legato, della copertura assicurativa.
Come si è evoluta la figura del compliance manager e quali prospettive intravede?
La domanda è stata rivolta a tre manager di aziende BIF: Pierandrea Chiarelli, Compliance Integrata e DPO di Snam, Livio Russo, Group Ethics Office di Generali e Stafano Tortis, Head of International Compliance di Cardinal Health. Anche in questo caso, rimandiamo al video integrale chi volesse approfondire le singole risposte.
Ci pare significativo, però, evidenziare alcune linee comuni. Una prima ci porta dritti al concetto di compliance integrata, in cui la multidisciplinarità ha via via trasformato e ampliato il ruolo della compliance stessa, attraverso l’utilizzo sia di competenze diverse sia di tecnologia sempre più avanzata e performante. L’attività di compliance si è inoltre spostata significativamente sulle terze parti. Anche per questo la comunicazione, la formazione e il tone from the top assumo importanza crescente.
Ma, se una linea comune è individuabile in tre società così diverse, come si immaginano i rispettivi manager tra un anno? Anche in questo caso, le convergenze non mancano. Tutti gli esperti coinvolti hanno infatti convenuto sul fatto che l’aspetto dei diritti umani sarà sempre più impattante sull’attività di compliance in chiave ESG e che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa avrà un enorme importanza sia in termini di capacità di analisi dei dati, sia in termini di ridefinizione stessa delle strutture e delle organizzazioni delle aziende”.
La palla alzata dai compliance manager della prima tavola rotonda è stata prontamente raccolta dai protagonisti del secondo dialogo, moderato da Alessandro Beulcke, fondatore dell'agenzia di comunicazione Beulcke and Partners. Con lui tre essperti del tema dell'AI provenienti da diversi ambiti: Nicoletta Prandi - Giornalista e Scrittrice, Massimo Folador - professore di Business Ethics e sviluppo sostenibile presso l'Università LIUC e Luca Baraldi - Head of Human Sciences at Ammagamma, Università di Bologna.
Affrontare un tema così ampio in un tempo così limitato significa aprire una serie di vasi di Pandora nell’impossibilità di avere soluzioni definitive. Il confronto è stato però molto utile per incanalare la questione in un flusso di coerenza. Come ha ben sottolineato Alessandro Buelcke: l’AI non è altro che statistica e semantica applicate, non vi è conoscenza in essa, e poiché dipende totalmente dall’uomo è l’uomo ad avere il dovere di governarla ed eventualmente limitarla.
L’Intelligenza Artificiale contiene in sé rischi seri, ambiguità e contraddizioni ma ha anche un potenziale positivo rilevante. Ecco che l’etica entra in gioco ed i rischi e le prospettive assumono forma diversa se al centro del dibattito si porta il tema della responsabilità.
La responsabilità è la cosa più bella che possiamo avere – ha detto Folador – perché responsabilità è vita. Ma chi detiene la responsabilità nell’uso dell’AI? Le aziende devo chiedersi perché utilizzare l’AI, prima ancora che per cosa – gli ha fatto eco Baraldi. L’interlocutore è sempre chi possiede la conoscenza, sia di tipo tecnico, sia etico.
Il dibattito si è spostato su un imprescindibile piano filosofico, in cui è complicato identificare soluzioni pragmatiche. In questo quadro, la giusta dose di pragmatismo è stata introdotta da Nicoletta Prandi, che ha posto una serie di semplice domande: chi utilizza l’AI ne valuta davvero i reali costi benefici, nel momento in cui è fin d’ora chiaro che l’AI è una tecnologia enormemente energivora, poco rispettosa dei diritti umani di chi è preposto ad alimentarla e dato il fatto che sta letteralmente imbottendo il web di contenuti sintetici spesso destituiti di ogni fondamento?
Insomma, la complessità della questione impedisce risposte definitive. Proprio nella consapevolezza di questo limite, all’interno del Business Integrity Forum l’argomento è destinato a diventare un punto fisso di ogni futuro momento di confronto.
Il BIF National Event 2023 è stato sicuramente uno dei più corposi di sempre, sia in termini qualitativi sia quantitativi. Emerge chiaramente la spinta delle aziende coinvolte, positiva e genuina, verso una sincera condivisione delle proprie eccellenze per un obiettivo comune: il miglioramento generale del sistema Paese e, di conseguenza, l’innalzamento della qualità della vita dei cittadini, seguendo mission sempre più orientate al perseguimento di un bene più generale rispetto alla mera, seppur legittima, ricerca del profitto.Queste le parole di Michelangelo Anderlini, Delegato al settore privato Comitato esecutivo di Transparency International Italia, a cui sono state affidate le conclusioni della giornata.